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RecensioniUSA"Peter Cannon: Thunderbolt" vuole superare "Watchmen"

“Peter Cannon: Thunderbolt” vuole superare “Watchmen”

Kieron Gillen, a scanso di equivoci, è assolutamente un fan di Watchmen. Con Peter Cannon: Thunderbolt coglie al volo l’occasione di confrontarsi con Alan Moore offertagli dalla Dynamite, che ha i diritti del personaggio originale del 1966 pubblicato da Charlton Comics da cui Ozymandias ha preso vita, ossia Peter Cannon.

E casomai vi steste chiedendo come mai Peter Cannon non fosse finito tra i personaggi in mano a DC Comics – come Capitan Atom e The Question – la risposta è semplice: la Charlton lo pubblicava su licenza del suo autore, Pete Morisi, così quando la DC comprò la Charlton, Peter Cannon rimase libero.

peter cannon thunderbolt

In Peter Cannon: Thunderbolt Gillen mette il protagonista originale di fronte a quello che è diventato nell’immaginario mondiale, ossia il suo alter ego Ozymandias, e lo fa in modo letterale, strutturale, metanarrativo e a qualsiasi altro livello di comparazione vi venga in mente. Non solo: lo fa attraversando la storia del fumetto supereroico successiva a Watchmen e in particolare passando per autori britannici come Ellis, Morrison e Millar.

Ma andiamo in ordine (da qui con qualche inevitabile spoiler, più che altro sul primo numero dei cinque della serie): Peter Cannon: Thunderbolt si apre come fosse una storia di Authority e anche lo stile di disegno di Caspar Wijngaard (reduce da Angelic della Image su testi di Simon Spurrier) tende a evocare quello di Brian Hitch.

peter cannon thunderbolt

Una sequenza di splash page ci cala in pieno widescreen comicbook, come piaceva dire a Ellis, con eroi potenti e sicuri di sé, iconoclasti il giusto e non poco sopra le righe, pronti a respingere un’invasione aliena. Tra loro non c’è Peter Cannon, lui se ne sta in un grattacielo, vestito in completo, a osservare la battaglia.

L’equivalente di Capitan America lo aggredisce per la sua indifferenza, ma Peter vede più di un uomo normale, nove volte di più per l’esattezza. Così passare alla sua prospettiva significa passare dalla splash page a una griglia di nove vignette, la stessa di Watchmen. La griglia, che ha ossessionato negli ultimi tempi anche altri autori come Tom King e Geoff Johns, è tanto centrale in questa storia quanto lo sono gli aspetti narrativi.

Il 3×3 di Moore e Gibbons è una struttura perfetta, una striscia basilare triplicata, un quadro centrale moltiplicato ai lati e agli angoli, ma è pure un incrocio di sbarre come quello di una cella e così lo considera Gillen: come una prigione impeccabile e per questo senza uscita, una sorta di insuperabile monolito.

L’invasione aliena infatti non è una vera invasione, bensì è lo stesso espediente utilizzato da Ozymandias per unire l’umanità in Watchmen sotto la minaccia – fittizia – di un nemico comune. Peter a sua volta aveva pensato a una soluzione del genere ma non l’ha mai messa in pratica, dunque ad averlo fatto non può essere stato che un altro Peter, da un’altra dimensione, ossia Ozymandias di Watchmen (anche se non viene mai chiamato così naturalmente).

Evocando la metanarrazione di Grant Morrison, Peter arriva nel mondo del suo doppio attraverso il formalismo della griglia da nove vignette. Qui i suoi alleati si comportano come il gruppo iperviolento degli Ultimates di Millar, di cui viene evocata anche la più celebre battuta. Peter finirà poi per precipitare in tutt’altro tipo di fumetto: il graphic novel autobiografico, per la precisione quello di Eddie Campbell e del suo Alec.

peter cannon thunderbolt

Qui la narrazione segue altre regole, non ci sono supereroi, c’è una vita reale, ci sono gli affetti delle persone normali – ossia quello che a Peter, troppo superumano, è sempre mancato, tanto che la sua relazione sentimentale è stata forse il suo unico fallimento. Tra vari incontri e cameo, non ultimo quello con un equivalente di Alan Moore, oltre che con omaggi ancora una volta ai personaggi di Watchmen, Peter trova la risposta che cerca. 

C’è vita oltre Watchmen. Che è e rimane una storia perfetta, ma appunto è solo una tra le infinite storie possibili. Peter Cannon: Thunderbolt è in fondo puro Kieron Gillen, è una storia sulle storie, che dialoga con tropi, stili ed ere del genere supereroico (in cui l’autore non si cimentava da qualche anno) e cerca di spingerlo a rigenerarsi, magari guardando un po’ di più alla realtà, a fumetti più adulti nell’affrontare la vita, lasciandosi indietro l’idea in fondo adolescenziale che la maturità equivalga al nichilismo e al cinismo.

kieron gillen

Gillen fa insomma quello che da molti anni dice Alan Moore (e che ha fatto anche in prima persona, con la linea America’s Best Comics in particolare) e che più volte ha dichiarato anche Morrison come intento, ma lo fa in modo più diretto, finemente affrontando il maestro e il suo capolavoro su tutti i livelli, con tutto il rispetto possibile eppure anche con il proprio genio. Peter Cannon: Thunderbolt enuncia un monito contro i pericoli del continuo decostruzionismo del mito e canta un inno rivolto a dargli una nuova direzione.

Leggi anche:
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