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Graphic NovelL'ignoranza che 'inventò' le streghe di Salem

L’ignoranza che ‘inventò’ le streghe di Salem

La storia delle streghe di Salem è stata di ispirazione di chissà quanti racconti horror, diventando uno dei capisaldi del genere. Come per le vicende di inquisizione e persecuzione in Europa, anche questa è una losca faccenda avvolta nelle nebbie della leggenda, ma senza troppi dubbi nata e coltivata in seno al pregiudizio e all’ignoranza. L’evento storico risale al 1692, quando, a partire dalla cittadina di Salem nella contea di Essex in Massachusetts, si diffuse un’ondata di odio e persecuzione contro oltre 200 persone (perlopiù donne) accusate di stregoneria, e i cui processi portarono a decine di esecuzioni.

le figlie di salem thomas gilbert

Quando il fumettista francese Thomas Gilbert rivisita i fatti relativi alle streghe della cittadina del Massachusetts in Le figlie di Salem è proprio intorno all’ignoranza che la sua interpretazione trova la motivazione delle persecuzioni. Già a partire dal titolo l’autore sembra voler restituire umanità e ordinarietà alle vittime. Le figlie, non le streghe o chissà quale altro appellativo più colorito o carico di folklore. Figlie, donne normali. Non tutte le donne sono moglie, non tutte sono madri, tutte sono figlie. Già con un appellativo Gilbert sembra voler sottintendere la regolarità e la casualità di certe sorti. Le donne di Salem sono figlie all’interno di una famiglia quanto lo sono all’interno di una comunità. Dipendono da un padre (padrone) e da una madre (vittima consenziente) che a loro volta dipendono da strutture e costrutti a loro superiori.

Le vicende hanno per protagonista una giovane all’alba della maturità. Abigail sta per scoprire la sua sessualità quando già il primo approccio spontaneo viene fermato dagli adulti della sua famiglia. Da quel momento è una escalation di eventi. Una donna ha preso consapevolezza di sé, apre gli occhi, e con lei il lettore, di fronte a ingiustizie, sottomissioni, finanche perversioni. E nella sua ingenuità è lei a essere accusata delle peggiori nefandezze, quando in realtà sta soltanto cercando e scoprendo se stessa.

Quelle che vengono presto e frettolosamente definite streghe, all’interno di uno scenario sociale e politico che si profila da complotto, non sembrano altro che donne sole, per scelta o per circostanza. Il racconto di Gilbert non vuol assumere i contorni della ricostruzione storica, si lascia andare spesso in allegorie narrative o visive. I colori non puntano sempre al realismo, la costruzione intensa e fitta della tavola lascia spesso spazio all’apparizione di immagini metaforiche e surreali.

le figlie di salem thomas gilbert

È ben presto chiaro che l’intento dell’autore è quello di indagare il fenomeno dell’emarginazione costruendo una digressione narrativa attorno a un mito popolare ormai lontano nel tempo. Sia nei disegni che nella escalation di eventi, Gilbert mostra come il pregiudizio e la paura del diverso non siano altro che una costrutto messo in piedi da pochi con il sostegno di una maggioranza addormentata e silente. Il tutto si manifesta in una spirale di disumanizzazione dei soggetti che la praticano, siano essi consapevoli o semplici esecutori.

Come già in Le velenose e in La saggezza delle pietre, Gilbert si afferma nuovamente come un autore abile nel maneggiare uno storytelling avvincente e denso, capace di variazioni di stile e segno al servizio del racconto e di un immaginario dalla potenza evocativa travolgente.

Le figlie di Salem
di Thomas Gilbert
traduzione di Elisabetta Tramacere
Diabolo Edizioni, aprile 2019
cartonato, 200 pp., colore
26,00 €

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