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Graphic NovelThat's entertainment, su “Momenti straordinari con applausi finti” di Gipi

That’s entertainment, su “Momenti straordinari con applausi finti” di Gipi

La macchina degli applausi finti è sempre accesa, per Gipi. Finita l’ondata di celebrazioni che ha accompagnato l’uscita del suo nuovo graphic novel, Momenti straordinari con applausi finti, forse si può iniziare a parlarne in modo più sereno e distaccato. Senza cadere nell’entusiasmo, un po’ stucchevole, che caratterizza certo “giornalismo culturale” in perenne stato di sovraeccitazione, sempre sottomesso a capolavori in vendita e a geniacci da dare in pasto alle folle cliccanti.

gipi momenti straordinari

Gianni Pacinotti negli anni è diventato non soltanto un Autore di livello internazionale, iscrivendo il suo nome nel palmarès ideale e reale dei maggiori fumettisti italiani di sempre, come Hugo Pratt, Milo Manara, Attilio Micheluzzi, Vittorio Giardino (gli unici italiani ad avere vinto al festival di Angoulême, prima di lui, il premio alla Migliore opera dell’anno; Manuele Fior è venuto dopo, ma ricordiamo anche il premio Rivelazione a Pietro Scarnera), ma ha saputo perlopiù affermarsi come Autore di fumetti nel-senso-“non riduttivo”, ovvero come graphic novelist di punta riconosciuto, amato, ricercato dagli operatori “protagonisti” della cultura italiana e dai media più rilevanti.

Nel solo ultimo anno, sebbene la sua sorprendente inclusione tra i candidati al Premio Strega risalga a ormai cinque anni fa, lo abbiamo ritrovato in cartellone al festival del cinema di Venezia con un film da regista, in una collana monografica dedicatagli da Repubblica, in un’ampia retrospettiva personale, ‘padrino’ di un festival, in televisione con i suoi molti cortometraggi per Propaganda Live, in predicato di un nuovo film adattato dal precedente graphic novel, ospite di almeno un paio di importanti programmi culturali in tv… 

Insomma, Gipi è non è più solo un fumettista seguito e un artista apprezzato. Gipi è oggi, in qualche misura, un “personaggio” mediatico: un intellettuale di riferimento, un uomo di spettacolo, un opinion leader (per quanto con ritrosìa). Ed è forse proprio partendo da questa consapevolezza che ha preso forma il suo ultimo lavoro. Nel quale recupera il personaggio di unastoria, lo scrittore di successo colpito da depressione Silvano Landi, e lo trasforma in un comico. Un intrattenitore, appunto, un uomo che deve fare divertire la gente. Ad ogni costo. 

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In una forma che intreccia stili diversi e molteplici piani di racconto, il comico Silvano Landi si trova così a fare i conti con la morte della madre. Anzi, con la consapevolezza di questo evento mentre sta per accadere, progressivamente più vicino alla soglia finale. Il protagonista – come già l’autore, prima di lui – vive e riflette sugli ultimi giorni di vita della madre, e sul suo modo di accettare questa esperienza. Un dato di fatto, al contempo distante, vissuto con razionale distacco, e carico di significati. Ed è la ricerca di questi significati a costituire l’ossatura di Momenti straordinari, che ruota intorno ai dubbi, ai ricordi, ai dialoghi con moglie/madre/infermiera, alle battute sul palco, alle riflessioni tra sé e sé di Silvano.

Con più stili di disegno che si susseguono nella stessa tavola, il racconto si sviluppa per brevi frammenti, attraverso una struttura che – come Gipi ha raccontato in diverse occasioni – non è stata impostata a priori, ma si è definita nel corso della stesura. Per questo, soprattutto nella prima parte, prevale un senso stordente di accumulazione: alla vicenda principale si innestano fin da subito una serie di racconti più o meno coerenti che si rivelano come pensieri del protagonista, forse appunti scartati dai suoi monologhi, discorsi alla radio di politici sovranisti, misteri che non trovano immediata spiegazione. 

Un gruppo di cosmonauti, disegnati con un bianco e nero sottile che richiama il precedente La terra dei figli, atterra su un pianeta sconosciuto, un mondo bianco attraversato talvolta da un corpo nero che fa perdere la memoria a chi lo tocca. Perché in quel mondo tutto pare ripetersi, senza fine e senza motivo apparente? E che cos’è questo nero? Forse è la rappresentazione fisica di quella volontà di rimozione, di quel peso senza forma che grava sul protagonista e gli impedisce di prendere coscienza o di affrontare fino in fondo ciò che gli sta accadendo. 

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In un altro flusso narrativo, in un tono grigio-cupo che sembra preso dagli appunti per (un’altra?) storia di guerra, un gruppo di soldati sta per giungere sulle spiagge della Normandia durante il celebre sbarco. Ma è soltanto un film, un documentario su Salvate il soldato Ryan visto da Landi distrattamente, dove un reduce del Vietnam che fa il consulente per le riprese racconta a tutti gli attori la stessa storia e chiede loro di rispondere con la massima sincerità: «se il vostro migliore amico viene ucciso al posto vostro durante lo sbarco, come vi sentireste in quel momento?». La risposta scontata che riceve da tutti è: «rabbia, dolore, tristezza»; ma quella giusta è assai peggiore: «proverete una gioia infinita, invece, e poi subito un grande rimorso, il senso di colpa per questa felicità che vi trova sopravvissuti».

Per quanto apparentemente non autobiografico, come lo era unastoria, in realtà anche questo graphic novel si inscrive perfettamente nel percorso personale dell’autore, ed aggiunge un altro capitolo a quella specie di lungo “romanzo del figlio” che Gipi sta elaborando lungo tutte le sue opere. Dai bambini/ragazzi abbandonati dei suoi primi lavori (Appunti per una storia di guerra, Questa è la stanza), alla morte del Padre (S.), al futuro distopico e analfabetico de La terra dei figli, questa riflessione sull’essere figlio è uno dei grandi tratti ricorrenti delle narrazioni di Gipi. 

In questo caso, alla morte della madre si aggiunge la scoperta (e la presa di coscienza) della propria sterilità, quindi della propria impossibilità di essere padre. Un evento che, per quanto razionalmente accettato dal protagonista (come dall’autore) produce nel suo subconscio (e nel racconto) un ulteriore sviluppo. Ovvero, un altro piano narrativo: compare un Uomo Primitivo, che si intromette nel racconto per sfidare la Natura. Si scoprirà però finito e terminale, vivente finale di stagione. La sua lotta, destinata alla sconfitta, aggiunge un ulteriore elemento di complessità al percorso “terapeutico” e psicologico del libro. 

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Il lavoro di analisi dell’autore avvicina Momenti Straordinari ai racconti più personali e autobiografici di Gipi, come alcuni racconti di Esterno notte, il già citato S, e La Mia Vita Disegnata Male – dove si affrontavano la malattia e i traumi della giovinezza. In tutti questi lavori, raccontare serviva all’autore per riflettere su quanto accaduto nella sua vita, per esorcizzarlo, per conferirgli una forma accettabile senza limiti di pudore. Anche a costo di prendersi dei rischi: suonare “paraculi” – come Gipi ha più volte ammesso, a proposito di LMVDM – e di cadere in una autoreferenzialità un po’ ruffiana, in cerca di una segreta (auto)indulgenza. 

Con questo libro Gipi cede ancora al peccato autoreferenziale. Ma ammette la colpa, e quasi se ne scusa. Un giorno Silvano Landi, sempre impegnato al capezzale della madre, si dimentica di avere uno spettacolo. Non è pronto, non ha preparato niente, ma non può più annullarlo. Allora decide di usare la sua vita per lo spettacolo, e trasforma il tema della madre morente in un meccanismo comico. Il pubblico apprezza, e gli applausi arrivano copiosi. Gipi sembra suggerire e giocare, qua, con un’altra consapevolezza: sa di essere quel comico. La sua stessa vita è parte dell’intrattenimento. Ogni evento che gli capita (a Silvano, e forse anche a Gipi), per quanto tragico o drammatico o ridicolo, è elemento dello spettacolo che è tenuto ad onorare. 

La seconda parte, più convenzionale nello svolgimento, serve a rimettere in ordine i frammenti dispersi nella prima parte, a dare senso al mistero fin qui evocato, e prende forma con l’arrivo di un “bambino luminoso”. A questo nuovo personaggio – alter-ego del protagonista e, in una certa misura, dell’autore bambino – è assegnato il compito di guidare l’adulto verso la consapevolezza di sé, verso una verità che normalizza e ridimensiona le paure e le ansie del protagonista adulto. Ripercorrendo il suo passato come il fantasma del Natale dickensiano, il bambino Luminoso si diverte a dare più volte del coglione al protagonista, e di conseguenza anche all’Autore, e di conseguenza un po’ anche a noi lettori, fedeli seguaci del ceto medio più o meno riflessivo, che da lungo tempo ci lasciamo coinvolgere dai suoi momenti straordinari.

La morale è facile e rassicurante e rivela, nella sua semplicità, la banalità dietro lo spettacolo. Si ribalta dunque il desiderio di unastoria: «dammi risposte complesse». Il racconto offre risposte semplici a domande complesse. Al contrario di ciò che certi impiegati dell’Ufficio Complicazioni Affari Semplici vorrebbero, la vita è un misto di cose banali, belle e brutte. Tua madre è morta e tu sei sopravvissuto: è tutta qui, la verità del bambino luminoso.

fumetto

In una spiaggia che richiama ancora la nuotata finale del protagonista di LMVDM (e che ci fa pensare a quanto l’acqua, pure, sia un elemento ricorrente in Gipi), il bambino riprende coscienza dopo un gioco di apnea e urla alla madre, scherzosamente, di essere sopravvissuto. La sua gioia infinita è una cosa normale, è uno show – «Guarda! Mi hai visto?» – ed è parte della colpa. Niente più di questo, alla fine, conta. Tutto il resto, in fondo, è lo spettacolo che un uomo (Silvano? Gipi?) ha imbastito per il nostro divertimento. «Un capolavoro», o «Non l’ho ancora letto ma sono certo che mi piacerá», recitano alcune delle prime recensioni degli utenti su Amazon. Gli applausi, veri o finti che siano, sono il nostro modesto contributo alla riuscita dello spettacolo.

Momenti straordinari con applausi finti
di Gipi
Coconino Press, ottobre 2019
cartonato, 176 pp., colore
24,00 €

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