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Sunday Page: Giulia Sagramola su “Arsène Schrauwen”

Ogni settimana su Sunday Page un ospite presenta una tavola a cui è particolarmente legato o che lo ha colpito per ragioni tecniche, artistiche o emotive. Le conversazioni possono divagare nelle acque aperte del fumetto, ma tutto parte dalla stessa domanda: «Se ti chiedessi di indicare una pagina che ami di un fumetto, quale sceglieresti e perché?».

Questa domenica è ospite Giulia Sagramola, illustratrice e fumettista. Nata a Fabriano nel 1985, ha studiato comunicazione visiva all’ISIA di Urbino e illustrazione all’Escola Massana. Dal 2010 è parte del collettivo Teiera, lavorando come art director, graphic designer e curatrice. I suoi disegni e fumetti brevi sono comparsi su Linus, Illustratore Italiano, Smemoranda, Treviso Comic Book Festival, Rolling Stone Italia. Tra i suoi lavori vanno citati il libro illustrato Sonno gigante sonno piccino (Topipittori), scritto da Giusi Quarenghi, e Incendi Estivi (Bao Publishing).

Arsène Schrauwen
(foto dell’autrice)

Arsène Schrauwen di Olivier Schrauwen è un fumetto stranissimo e surreale. Racconta il viaggio del nonno dell’autore in una giungla misteriosa che diventa lo sfondo per visioni in bilico tra realtà e sogno. Come mai ha scelto queste due pagine?

È uno dei fumetti che più ho amato negli ultimi tempi e ammiro moltissimo la complessità con cui l’intera opera si sviluppa: le scelte grafiche, il ritmo, i dettagli inaspettati e il tono del racconto. Queste due pagine mi sembrano un buon esempio della varietà di come Schrauwen ragiona su cosa mettere in vignetta, il ritmo e le suggestioni che lancia con il disegno.

Una cosa che mi è piaciuta da subito di questo libro è la variazione grafica che aiuta immediatamente ad entrare dentro la testa (un po’ confusa) di Arsène e a percepire le cose come le percepisce lui. Ad esempio: se lui non sa com’è il volto di qualcuno, perché non l’ha mai visto o non se lo ricorda, quel volto viene rappresentato come una sfera. Oppure quando si sente un po’ idiota, si sente un asino e tutto questo è rappresentato molto velocemente, sostituendo la raffigurazione umana di Arsene con quella di un somaro molto buffo.

Mi piace vedere tutte queste metafore visive giustapposte in un modo così semplice e facilmente comprensibile, che non c’è bisogno di spiegare niente di questo con le parole. In Arsene la realtà è molto poco fissa e il disegno non serve solo a narrare in maniera cinematografica, ma anzi soprattutto a narrare l’interiorità e la soggettività dei personaggi.

Perchè durante la fase di scelta, come scrivi tu, continuavano a tornarti in mente scene di quell’opera?

È un fumetto che ho letto l’anno scorso e che mi ha letteralmente ribaltata, ogni volta che mi stupivo per qualche parte della storia o per le scelte narrative, giravo pagina e c’era un’altra cosa ancora più interessante e inaspettata. Mi ha preso molto tempo leggerlo e assimilarlo, non riuscivo a smettere di soffermarmi sulle scelte grafiche e narrative Schrauwen, quindi mi sono rimaste parecchio impresse. Penso che questa lettura sia stata una di quelle che ti fanno un po’ da promemoria sulle possibilità che ci sono da esplorare con il linguaggio fumetto.

Ti ricordi come e quando hai scoperto questo fumetto?

Credo di averlo visto per la prima volta nel 2016 da Desert Island a New York, ma non l’ho comprato per questioni pratiche di spazio in valigia. Ma non ne sono sicurissima, l’ho visto in così tanti festival/fiere in giro. In Spagna ero un po’ tentata di comprare l’edizione bellissima di Fulgencio Pimentel: l’editore ha deciso di dividerla in parti, rispettando le pause nella storia. Alla fine ho preferito la versione in inglese, per comodità.

Leggi anche: “Parallel Lives”: i futuri paralleli di Olivier Schrauwen

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