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Graphic Novel"Celestia", che sbircia oltre le solite mura

“Celestia”, che sbircia oltre le solite mura

In una delle pagine di Celestia, Manuele Fior dedica un primo piano per mostrare le umili proprietà di Pierrot, protagonista in fuga da un futuro post-apocalittico. Nel suo sacco ci sono tre libri: Il dottor Jekyll (nell’edizione Corno) di Robert Louis Stevenson, Il segno rosso del coraggio di Stephen Crane (il cui protagonista viene chiamato quasi sempre “il giovane”, così come in Celestia c’è un bambino con un nome generico) e la tetralogia slipstream composta da Il vento dal nulla, Deserto d’acqua, Terra bruciata e Foresta di cristallo di J. G. Ballard.

celestia manuele fior graphic novel oblomov

Con Celestia Fior, come Pierrot, ha fatto fagotto delle proprie esperienze compiendo un passo in avanti nella propria carriera e al tempo stesso guardandosi indietro, tanto a livello personale quanto artistico. Il fumettista ha infatti voluto riproporre Venezia, città in cui ha studiato architettura, in una veste fantastica, filtrandola attraverso il proprio bagaglio culturale di ispirazioni. E se per Tiziano Scarpa la città lagunare, vista dall’alto, era un pesce tenuto all’amo, per Fior sono due mani che si stringono, in una visione speranzosa che già definisce la cifra poetica dei due volumi.

Celestia è un racconto meticcio di fantascienza a bassa intensità, fantasy pragmatico ed escapismo, nonché il nuovo capitolo nella vita di Dora, il personaggio che Fior si porta dietro da L’intervista. Il fumetto racconta i fatti successivi alla Grande Invasione, un evento che ha lasciato deserte le città creando rifugi isolati come quello di Celestia, isola che ospita una popolazione divisa dal resto della terraferma.

Il dottor Vivaldi è a capo di gruppo di telepati da cui uno dei membri, Dora, è fuggito. Pierrot, il figlio di Vivaldi che ha rifiutato l’invito a unirsi al gruppo per coltivare la propria indipendenza, incontra la ragazza, e insieme i due finiscono loro malgrado dentro un’avventura che li porterà a conoscere, dentro e fuori Celestia, una gang di malviventi, un bambino dotato di un’intelligenza straordinaria e un’anziana benefattrice.

celestia manuele fior

Dentro Celestia ci sono le età dell’uomo. Vivaldi, Pierrot, il bambino, la nonna, tutti impegnati a riallacciare rapporti o a crearne di nuovi. Solo che queste relazioni generazionali non sono a cascata, come ci aspetterebbe, dal più vecchio che travasa la propria esperienza al più giovane, ma sono tutte concentrate sul personaggio di Pierrot. C’è un movimento a scendere dal padre Vivaldi al figlio Pierrot, e uno a salire dal bambino che sprona Pierrot a fargli da genitore. E ogni momento si nutre dell’altro per far ritrovare a Pierrot il suo equilibrio. Vorrà pur dire qualcosa se Celestia inizia con Pierrot che entra in un vicolo oscuro, e termina con Vivaldi che, in piena luce, esprime il desiderio di «vedere com’è fuori».

In Celestia c’è anche l’amore per i luoghi, co-protagonisti a cui vengono dedicate pagine animate da una perversione per le vedute e per come esse cambino nel corso del tempo e per gli oggetti, vecchi o nuovi (un’auto che non va, un origami che diventa una mantellina, una maschera che si trasforma in museruola, una spazzola eletta a tesoro). C’è un ragionamento sulla comunicazione e il linguaggio, atomizzati (il ponte distrutto, la ragazza del bordello zitta perché «c’è chi comunica persino col pensiero e chi ha deciso che non vuole più comunicare»), eppure speranza per il futuro in mano ai bambini, che si rubano le parole di bocca e ragionano all’unisono.

Col suo fare fiabesco (nei nomi dei luoghi – il Castello, il nido – e nel ruolo del cast di contorno), Celestia accenna a un mondo più grande, ad altre storie. Pierrot e Dora vivono in una trama priva di rigidità, sciolta e ondivaga in cui, arrivati alla fine, sembra sia successo troppo poco e verrebbe voglia di continuare a esplorare quel mondo e quelle dinamiche appena accennate.

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Ci sono passaggi sfocati, bordi che non collimano. In Celestia non tutto si giustifica narrativamente, ma ha senso emotivo, come il mantello di Superman che fluttua anche dentro una stanza chiusa. Fior pare voler fuggire dall’infallibilità logica, e il primo volume si apre con una frase tratta da Fondamenta degli incurabili di Iosif A. Brodskij che evidenzia lo scarso peso della compattezza narrativa nell’impianto dell’opera: «Il lento procedere del vaporetto attraverso la notte era come il passaggio di un pensiero coerente attraverso il subconscio».

Più di tutto il resto, Celestia si fa mangiare con gli occhi, grazie a una palette cromatica ritmatissima, tra verdi alienanti, il calore secco delle spiagge, quello morbido del tramonto aranciato, la rarefazione delle mattine senza sole, il rosso delle lanterne e, naturalmente, moltissimo azzurro. Il design è attento anche alle partiture minori (fulminante Oreste, un personaggio che appare per un paio di pagine appena) e l’azione scorre chiara e inesorabile fino al vorticoso finale: sembra che non ci potesse essere altro stacco, altra scelta registica se non quella che c’è sulla pagina.

Celestia vibra della recitazione spontanea dei personaggi, dotati di un linguaggio corporeo che evita i cliché. Fior è attento a a non fare affidamento su pose codificate per comunicare le emozioni (avrete presente il gesto della mano dietro il collo usata per indicare imbarazzo e inadeguatezza), preferendo atteggiamenti anche inconsueti ma che comunicano con efficacia le intenzioni specifiche.

Abile nel dipingere il movimento, i pugni, gli schiaffi, i capelli che si spettinano, Fior becca sempre il momento giusto in cui far scrollare le spalle, guardare storto o gettare una mela; risolve la violenza rifacendosi a Goya, il sogno filtrandolo attraverso Rothko, le architetture studiando Bofill, i cui progetti vengono ricontestualizzati per accomodarsi in un mondo desolato, o quelli – mai costruiti – di Le Corbusier e Frank Lloyd Wright. Tutta questo magma di riferimenti erutta sulle pagine producendo un immaginario viscoso, coerente e vivido che cerca di uscire da quelle che, come dice un personaggio riferendosi alle architetture variopinte del fumetto, «per quanto colorate, sono sempre le solite quattro mura».

Celestia 1-2
di Manuele Fior
Oblomov Edizioni, ottobre 2019-febbraio 2020
brossurati, 148-136 pp., colore
18,00 € cad.

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