Kuniko Tsurita è stata la prima autrice donna ad aver pubblicato sulla storica rivista giapponese Garo, fondata nel 1964 da Katsuichi Nagai e specializzata in manga alternativi e d’avanguardia. Flight, edita da Coconino Press nella collana dedicata al gekiga, è una variegata e corposa selezione dei suoi lavori. L’antologia comprende infatti un arco temporale dal 1965 al 1980 e consente di valutare il percorso dell’autrice nella sua evoluzione tematica e artistica.
Kuniko Tsurita amava sperimentare, burlarsi dei suoi lettori e ridere di se stessa. Questa caratteristica è particolarmente presente nei suoi primi racconti, dove il disegno è ancora immaturo, impersonale e dove lei si rappresenta – in quanto personaggio delle sue storie – come una ragazza impertinente, pigra e buona a nulla. O forse solo una giovane mangaka alla ricerca di una propria posizione in un mondo precario.
In generale, in questi primi lavori si avverte l’urgenza di trovare un disegno, divino o umano, alla propria esistenza. I suoi personaggi, collocati in un caleidoscopio di generi che spaziano dalla fantascienza al thriller, ma ritratti anche nella quotidianità, cercano sempre di dare un senso alle loro vite. Perciò spesso si votano a una qualche missione, come ripulire il mondo dai malvagi, da persone violente ed egoiste.
Nel racconto Senza senso (1966) un abile serial killer sceglie le sue vittime tra parlamentari corrotti e criminali. Il suo unico scopo è eliminare il male dal mondo, e nemmeno grazie alla morte potrà sfuggire al suo destino: arrivato all’inferno verrà condannato a tornare in vita, con l’ordine di uccidere i malvagi inciso nel cuore. In La tomba dell’umanità (1965) e in Storia di Dio (1966) gli dèi assistono rassegnati all’annientamento degli uomini, travolti dal caos e dalla loro stessa ingratitudine, salvo pochi capitalisti senza scrupoli, che si sono messi in salvo prima di distruggere la terra.
Diversa è la genesi di lavori come Questa storia, Lotta per la sopravvivenza e In crisi, pubblicati su Garo tra il 1966 e il 1967, per i quali l’autrice trae ispirazione, in modo lieve e ironico, dal periodo in cui, dopo aver preso il diploma di scuola superiore, si trasferì a Tokyo per dedicarsi completamente alla carriera di mangaka. In queste tre storie, Tsurita ci racconta il suo amore per la fantascienza, lo spazio e il mistero dell’ignoto, le difficoltà e i vari espedienti per arrivare a fine mese, la ricerca dell’ispirazione, la sua ostinazione nel disegnare e creare.
In seguito Tsurita ebbe occasione di lavorare come assistente di Shigeru Mizuki. Un’esperienza che sicuramente influenzò il suo stile, come si può osservare nei lavori successivi. In Sciagura (1970) per esempio, si nota una netta evoluzione del segno, un chiaroscuro più curato e un tratteggio infittito. Qui il giovane protagonista è rinchiuso in carcere senza motivo. Vittima di un processo kafkiano, si dibatte contro gli ufficiali del governo per far cadere le false accuse nei suoi confronti e salvarsi la vita.
Nei racconti degli anni Settanta, si fa pressante il tema della coscienza della propria morte. In Le giornate di Yuko, del 1974, la protagonista è ricoverata in ospedale per la stessa grave malattia che aveva colpito l’autrice. La giovane Yuko, incredula e spaventata, in preda all’ansia di non sopravvivere, oscilla tra sogno e realtà: i chiaroscuri aumentano e tutto intorno a lei si fa opaco e buio.
In Suono (1969), uno dei racconti meglio riusciti e più struggenti della raccolta, il protagonista al risveglio è diventato invisibile. Vede in casa sua uno sconosciuto e tenta di comunicare con lui, ma ottiene solo di allontanarlo: così parla con se stesso, consapevole che quando smetterà di parlare smetterà di esistere.
In Mia moglie è un acrobata (1974) il tratto di Tsurita si fa più elegante e morbido, il nero domina le tavole. La protagonista si muove sinuosamente abbracciata dall’oscurità e, conscia della sua imminente morte, vaneggia di farsi conservare nell’alcol per l’eternità.
Nella storia che dà il titolo alla raccolta, Flight (1980), il legame che unisce la coppia dei protagonisti supera le logiche del tempo e dello spazio. Dopo un incidente mortale che ha coinvolto il suo compagno, una giovane pittrice continua a sognare che il suo amato sia ancora vivo e torni da lei. Per lasciarsi il passato alle spalle parte per un viaggio in Egitto, dove intuisce che lo spirito dell’uomo si è incarnato nel dipinto ritrovato di un’antica divinità.
Tsurita non ha mai smesso di disegnare. Per lei il disegno era un portale per attraversare il tempo e lo spazio. Lei, che da ragazzina affermava «non ho che manga dentro me», è riuscita con la sua sensibilità a mostrare i vari aspetti della natura umana, cogliendone le debolezze, la dolcezza e le imperfezioni. La matita per lei è stata l’arma per dire al mondo «io esisto», per lasciare un segno del suo passaggio, per esorcizzare le paure, il timore di scomparire e non essere ricordata nemmeno dai suoi amici.
Disegnare dava senso alla sua vita, alle sue gioie e ai suoi dolori. D’altronde, come afferma uno dei suoi personaggi, «senza sofferenza e impossibile scrivere manga».
Flight
Kuniko Tsurita
traduzione di Vincenzo Filosa
Coconino Press, marzo 2019
brossura, 442 pp., B/N
24,00 €
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