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Graphic NovelCesare Pavese a fumetti: coraggio e limiti di un adattamento

Cesare Pavese a fumetti: coraggio e limiti di un adattamento

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È maledettamente difficile non cadere nella trappola della “macchina del Mito” quando si parla di Cesare Pavese. La tentazione del pettegolezzo, sia esso ammantato di intellettualismo o semplicemente di voyeurismo tra sesso e politica, è non solo grande ma a volte inevitabile. 

Così dico subito che, per quanto riguarda l’opera in oggetto, rimando – e invito a conoscere – gli argomenti su Pavese portati da Gian Luigi Beccaria (che ne ha chiarito la scrittura poetica e la lingua “pulita” e “sonante”) e di Furio Jesi, che molto ha scritto sulla “religio mortis” nichilista che intesse tutto il tessuto dell’opera pavesiana. Senza dimenticare il Pavese uomo, in cui la dualità tra un disperato bisogno di amore e la crudele misoginia che emerge nei suoi testi, si offre come perfetta messa in scena del sacrificio mitico. 

Detto questo, siamo qui per parlare di un fumetto che sulla carta poteva essere una scommessa azzardata o, peggio, una nuova tappa della macchina del mito pavesiano, in un’ottica di sfruttamento. La domanda che mi faccio: può un fumetto proporre una lettura “genuina”, senza cedimenti al mito (strumentalizzato a fini ideologici), di cui è oggetto Pavese? 

Come è possibile Cesare Pavese a fumetti?

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La luna e i falò tratta dell’impossibilità per un uomo senza radici familiari di ritrovare il mondo della propria infanzia. Un uomo che ritorna, dopo il passaggio del tempo e della guerra, al suo paesino nelle Langhe piemontesi. Il romanzo mette in scena personaggi, spesso senza grande spessore e introspezione psicologica, e vicende narrate, la cui funzione non è altro che quella di essere metafore, immerse nella mitizzazione sempre duale della natura, delle stagioni, dell’infanzia/adolescenza e dell’idealizzazione dell’America attraverso la sua letteratura, racchiuse in un guscio di apparente narrazione fortemente realista, a volte dichiaratamente politica e striata di pietismo verista per i più deboli. 

Pavese non amava essere rinchiuso nel recinto neo-realista dell’atavismo del mondo contadino, con le sue “Lune” e i suoi “Falò” rinnovatori di vita e di morte, che Nuto Revelli svelò in tutta la loro drammaticità sociale nel suo Il Mondo dei Vinti, e la sua era una realtà simbolica frutto della maturazione di una vena naturalistica

La risposta alla domanda che ponevo – è possibile un adattamento “genuino” di Pavese? – sembrerebbe negativa a priori. Eppure il lavoro e l’esperienza di uno scrittore solido e apparentemente semplice come Marino Magliani e di un pittore appassionato ma prestato al graphic novel da lunga data come Marco D’aponte diventano rilevanti proprio per capire la dinamica e i limiti della “rilettura” di un classico letterario attraverso un linguaggio altro. 

Sempre per l’editore Tunuè, era stata realizzata da Magliani e D’Aponte un’operazione analoga con il Sostiene Pereira di Antonio Tabucchi, opera che era riuscita non solo gradita ai lettori ma anche a portare una luce nuova sul lavoro dello scrittore. Ma in quel caso la sceneggiatura brillante di Magliani, facilitata dal racconto originale incentrato su una conversione da un’ignava solitudine all’adesione alla ribellione, e le tavole solari di D’Aponte avevano portato ad un risultato che dimostrava come gli adattamenti possono diventare non solo un surrogato didattico all’opera letteraria ma hanno tutto il diritto di essere considerati come opere di valore e dignità artistica autonomi (a Tabucchi era peraltro già successo anche con il cinema, grazie all’interessante versione cinematografica di Sostiene Pereira da parte di Roberto Faenza nel 1995). 

Con La Luna e i Falò il discorso è indiscutibilmente diverso. Per quanto ostico possa essere un testo letterario, ricordo che versioni a fumetti sono state realizzate con esiti interessanti anche per opere come la Recherche di Marcel Proust (per mano di Stephane Heuet nel 1998, presso Delcourt). Il punto decisivo risiede nella scelta di una chiave di lettura, come strumento necessario per affrontare la complessità. Magliani sceglie la strada di un artificio meta narrativo attraverso l’intervento diretto di Cesare Pavese che entra nel racconto dialogando, direttamente e indirettamente, con i suoi alter ego, da Anguilla a Cinto e Valino e con il suo mentore Nuto-Pinolo. 

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Questa scelta, molto usata negli adattamenti – ricordo Hemingway nel fumetto da Il Vecchio e il Mare di Thierry Murat – sposta un po’ sul piano della fiction più di stampo televisiva, inserendo nell’opera accarezzamenti, visioni e messa in scena del suicidio di Pavese in parallelo con lo sviluppo narrativo de La Luna e i Falò, graficamente sottolineato dai toni di grigio, in contrasto con il colore che anima il resto del racconto, reminescenza delle immagini e dell’immaginario del dopoguerra. 

Ebbene questa opzione narrativa, pur nel suo essere una chiave di lettura legittima, propedeutica all’opera e che possiede una propria dignità autoriale, mette in evidenza però anche i limiti strutturali di una possibile traduzione senza forzature di un’opera così intrinsecamente e significatamente stratificata come La Luna e I Falò attraverso un linguaggio grafico narrativo dichiaratamente di matrice “classica”. 

Non è un caso che l’unica versione visiva del romanzo di Pavese, ad oggi, è la seconda parte di un film decisamente sperimentale, Dalla nube alla resistenza, diretto dalla coppia Straub-Huillet nel 1979, dal risultato mediocre e tutto concentrato sull’esperienza “resistenziale”. 

Lo sforzo encomiabile dei due fumettisti, sia nella limatura certosina dei dialoghi sia nella scelta di un appropriatissimo approccio delle varie sfumature dell’espressionismo pittorico, partendo da Ensor sino al neorealismo di Guttuso, riesce a convincere anche in presenza di qualche discontinuità qualitativa e cedimenti ad un ingenua semplificazione nella sceneggiatura visiva. Tuttavia fatica a trasformarsi sia in una rilettura completamente autonoma sia ad evocare l’atmosfera empatico-emozionale del testo originale

Non voglio essere frainteso: quando parlo di limiti non intendo che il linguaggio grafico narrativo abbia in sé dei limiti strutturali, e Black Dog di Dave McKean è uno dei tanti esempi di come sia possibile “rimanerci dentro cercando di uscirne”. 

Quest’opera non denuncia un qualche minus autoriale profondo ma al contrario, scegliendo di rimanere all’interno in un paradigma narrativo molto tradizionale, si è arrivati ad un confine interpretativo invalicabile. E questo è sicuramente un merito non trascurabile degli autori.  

È chiaro che pur nella fatica della riduzione del testo e nella scelta accurata del lessico dei dialoghi, i cui esiti sono comunque apprezzabili per chi li vuol vedere, ciò che emerge maggiormente è l’impatto visivo che, pur nell’affollamento delle vignette e delle tavole, riesce nel difficile equilibrio tra momenti di sospensione e fatidicità, senza perdere la bussola del segno marcato e a volte grottesco. Bellissime e forse più sfruttabili le tavole a doppia e tutta pagina che paiono una sorta di concessione ad un’illustrazione di stampo narrativo, dove acquerelli, tempere dal forte impatto cromatico esplodono illuminando il volume. Molto belle anche le matite di D’aponte, che avrebbero meritato forse uno spazio maggiore. 

Quindi, per concludere con le parole che Pavese prende in prestito dal Re Lear shakespeariano riferendosi al ciclo della vita che l’intellettuale torinese deciderà di spezzare ritenendosene incapace, ripeness is all. La maturità è tutto, e questo graphic novel è un’opera matura di due autori che hanno voluto avvicinarsi a un testo finora ben poco avvicinato, almeno dai mondi di fumetto e cinema. Un’impresa coraggiosa, quindi, che riesce in parte a restituire il fascino ipnotico del testo originale. E riesce a sottolineare graficamente nel potente finale, sempre intorbidato dal dubbio dell’ennesima mascheratura, quelle che Wu Ming ha descritto – ed è facile essere d’accordo – come alcune delle pagine più belle sulla Resistenza mai scritte.

La luna e i falò
di Mario Magliani e Marco D’Aponte
Tunué, febbraio 2021
cartonato, 152 pp., colore
19,90 € (acquista online)

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