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Graphic Novel“Tutto è vero”, Giacomo Nanni e la ricerca della paura

“Tutto è vero”, Giacomo Nanni e la ricerca della paura

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Giacomo Nanni si nutre delle sue ossessioni. I suoi lavori si legano uno all’altro, come tasselli di un unico discorso che ancora fatichiamo a distinguere. Forse un tentativo, ambizioso e difficile, di riflettere sulla paura, di identificare attraverso gli eventi e i cambiamenti del mondo la paura come elemento primario dell’umanità, e non solo. Una riflessione, un modo per indagare la complessità del reale attraverso il segno. Ma che cosa è oggi la realtà? Tutto è vero, sembra risponderci ironicamente in quest’ultimo lavoro (Rizzoli Lizard, 2021). Che è un po’ come dire che nulla lo è. 

Il primo romanzo a fumetti di Nanni si intitolava Storia di uno che andò in cerca della paura (Coconino Press, 2006), nome tratto da una fiaba dei fratelli Grimm che può essere esteso a tutto il lavoro di ricerca dell’autore. Nei suoi libri assistiamo infatti a personaggi che vanno in cerca della paura, che si trovano faccia a faccia con l’altro, che sfidano le proprie insicurezze, intenti a rispecchiarsi nei propri limiti. In Atto di Dio, pubblicato da Rizzoli Lizard nel 2018, un capriolo prendeva la parola per raccontare, dal suo punto di vista, un’esplorazione del mondo.

Un mondo civilizzato, costruito a misura dell’uomo, un mondo fatto di strade e rotonde, di centri commerciali e smartphone che ti immortalano – tu capriolo, in mezzo a una strada trafficata, in cerca di nuove paure – per pubblicarti su Instagram e ottenere tante interazioni. Un punto di vista “alieno”, sul mondo umanizzato, sulla civiltà dell’uomo che sta mutando la forma del mondo, quell’antropocene con cui ormai siamo soliti identificare l’era nella quale stiamo vivendo, a circoscrivere il segno indelebile del nostro passaggio su questo pianeta. 

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Tutto è vero riprende le stesse intuizioni grafiche e narrative di Atto di Dio: il segno “puntinato”, la tavola divisa in due vignette, con ampio uso di testo ad integrare l’immagine, una voce narrante “oggettiva” che talvolta si identifica in forme viventi, che osservano e intervengono nei vari discorsi intrecciati nel corso del racconto. La sorprendente novità formale che aveva trovato piena maturità nel lavoro precedente – una sorta di prosa grafica, che superava la narrazione tradizionale, sovrapponendo voci e vicende per costruire un testo complesso e stratificato – è qui ripresa per portare avanti un discorso più unitario e chiuso in se stesso, fortemente caratterizzato (e forse, limitato) dall’evento finale.

La ricerca della paura, che in Atto di Dio si identificava nelle voci diverse di una carabina, di un capriolo, di un terremoto e di un chirocefalo in Italia centrale, qui si concretizza nel volo di una cornacchia che osserva o partecipa in prima persona a momenti diversi nel tempo e nello spazio: dal set de Gli uccelli di Alfred Hitchcock, con l’episodio (forse inventato) della cornacchia addestrata che aggredisce un attore, al crollo delle Torri Gemelle a New York, alle caotiche strade di Parigi, colte (riprendendo la lezione di Qui di Richard McGuire) in vari momenti del tempo, fino ai giorni che precedono l’attentato alla redazione di Charlie Hebdo del 7 gennaio 2015. 

La portata simbolica di questo evento finisce inevitabilmente per condizionare tutto il racconto. Pur occupando solo le pagine finali della storia, tutta la narrazione finisce per esserne attratta, e i vari discorsi che si intrecciano nel corso della vicenda risultano inevitabilmente premesse, corollari, metafore, punti di vista inerenti l’attentato. Anche la forma del racconto cambia; il testo scritto si fa prevalente, segnando lo stacco più radicale rispetto ad Atto di Dio, con una descrizione particolareggiata delle vicende degli attentatori, inglobati in uno spazio che – secondo la narrazione di Nanni – costruisce e alimenta le premesse della tragedia. 

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La trappola per le cornacchie si fa correlativo oggettivo dello spazio cittadino, che ingloba e determina il comportamento di chi vi abita, uomini e animali. Il parco Buttes-Chaumont si pone come scenario ideale per l’intrecciarsi delle vicende. Qui i cittadini di Parigi, tra cui i futuri attentatori, si allenano ogni giorno approfittando delle varie condizioni dei percorsi. Qui le numerose varietà di uccelli trovano un perfetto habitat per riprodursi.

Quando l’ambiente si fa particolarmente vantaggioso per le cornacchie, grazie alla presenza di cibo sparso tra i rifiuti e all’assenza di predatori, si cercano le misure più diverse per ridurre la loro proliferazione. La soluzione trovata è una gabbia di metallo all’interno della quale si inserisce un intruso, una cornacchia che non appartiene allo stormo che abita quel luogo.

Le cornacchie sono per istinto portate a cacciare via l’intruso, ma l’unico modo per entrare nella gabbia è passare dal tetto e piegare le ali: in pratica, si può entrarvi con facilità, ma è impossibile uscirne. La trappola della voliera riecheggia così, con triste evidenza, il carcere in cui gli attentatori di Charlie Hebdo incroceranno le loro vite e daranno il via all’organizzazione della strage. La paura produce reazioni che alimentano la paura, perché «Non c’è niente di più sospetto di qualcuno che ha paura di te».

Tutto è vero per Giacomo Nanni, che è un po’ come dire che nulla è vero. Dipende sempre dal punto di vista. Questa risposta complessa presuppone una serie di domande ancora più complesse, che il lettore di questo libro è invitato a porsi. L’attentato alla redazione di Charlie Hebdo non è stata solamente una strage di matrice islamista ma ha comportato, da parte del mondo occidentale, laico, che esprime i valori nei quali ci riconosciamo, una riflessione sulla libertà di parola e su quali debbano essere i confini della nostra rappresentazione in un mondo globalizzato. Il fatto che oggetto e causa della strage siano state delle immagini a fumetti non è un caso.

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L’indagine sulla realtà di Nanni non fornisce risposte, non propone soluzioni, ma osserva le cose che accadono con sguardo nuovo. Il fumetto fa questo: costruisce legami tra segni. Compito del lettore-osservatore è riconoscere questi rapporti. Sfidare le proprie abitudini visive, i propri pregiudizi, andare in cerca delle proprie paure. Solo così si può dare conto della complessità del reale, e ammettere ciò che sta accadendo davanti ai nostri occhi. Riconoscere che tutto è vero, ovvero che tutto è segno, tutto concorre a definire il mondo nel quale viviamo.

Ci pare questa, in definitiva, l’ossessione di Giacomo Nanni: cambiare punto di vista per trovare, nei segni del mondo, i sintomi di una malattia che va peggiorando. E che spesso ci rifiutiamo di vedere, perché ci fa paura.

Tutto è vero
di Giacomo Nanni
Rizzoli Lizard, marzo 2021
brossura, 208 pp., colori
17,00 € (acquista online)

Leggi anche: Le cronachette di Giacomo Nanni

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