Pulp, di Ed Brubaker e Sean Phillips (Panini Comics)
Dopo due uscite sentite e personali come I miei eroi sono sempre stati tossici e Un brutto weekend, Ed Brubaker e Sean Phillips decidono di fare un passo indietro fino ai primi numeri di Criminal, consegnando ai lettori un fumetto che è puro distillato di grande racconto di genere statunitense.
Brubaker inserisce il western in un contesto urbano e temporalmente spostato in una New York anni Trenta dove il protagonista, uno scrittore western sulla via del tramonto, si sente ormai fuori posto. A questo incrocio già peculiare riesce ad aggiungere una serie di ingredienti sempre più tosti, dalla caccia ai Nazisti fino al tema dei vecchiacci che ancora una volta si ritrovano a fare quello che è più giusto. La lunga ombra di Elmore Leonard si stende su tutta la trama di Pulp, e quello che ne risulta è un racconto entusiasmante e sanguigno.
Come di consueto i Phillips – sia Sean che suo figlio Jacob, colorista della storia – interpretano la sceneggiatura in modo perfetto. L’uso del colore è ormai uno degli strumenti narrativi più potenti e solidi delle produzioni dei tre autori e, pur rimanendo in binari già ampiamente noti, la classe è quella di chi certe cose le maneggia da tempo.
Pulp è una prova di muscoli notevole, oltre che la dimostrazione tangibile di come il gruppo di autori dietro a queste pagine non abbia la minima intenzione di mettere il pilota automatico per campare di rendita. La loro produzione pareva essersi fatta più intima e dolorosa, e invece ecco arrivare in libreria uno dei loro lavori più tosti ed espliciti. Sparatorie, scazzottate, uomini duri come l’acciaio e giustizialismo spicciolo. Difficile trovare da lamentarsi.
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